Arezzo – Silvio Orlando al “Teatro Pietro Aretino” -
Bed and Breakfast Francesco Redi informa che il giorno 13 Dicembre 2011, alle ore 21,00 il Teatro Pietro Aretino ospiterà, fuori abbonamento uno spettacolo teatrale con Silvio Orlando “Il nipote di Rameau” di Denis Diderot.
Silvio Orlando è un apprezzato attore del cinema italiano. Nato a Napoli nel ’57 ha lavorato con grandi registi come Nanni Moretti, Daniele Lucchetti, Michele Placido, Carlo Mazzacurati, Pupi Avati, Gabriele Salvatores. Vincitore del nastro D’argento con “Preferisco il rumore del mare” e vincitore della palma d’oro a Cannes con “La stanza del figlio” si dedica molto anche al teatro, oltre che come attore, anche come regista dirigendo due opere di Peppino De Filippo.
“Il nipote di Rameau” è un capolavoro della seconda metà del ’700 scritto Denis Diderot, massimo rappresentante dell’Illuminismo francese. Considerato un “giovane pericoloso” per le sue idee contro la religione, si adatta a svolgere molti lavori tra cui il precettore e lo scrivano pubblico. Per le sue opere considerate sovversive e licenziose viene anche imprigionato. I suoi interessi comprendono molti campi, la filosofia, la medicina, l’estetica, la letteratura. Molti suoi scritti non verranno divulgati ma letti solo dalle persone colte e pubblicati solo dopo anni dalla sua morte. Alcuni solo dopo la seconda guerra mondiale. Anche “Il nipote di Rameau” appartiene a questo gruppo.
Il titolo originale dell’autore è “Satira Seconda” ma è Goethe a scoprire quest’opera e ad imporne il titolo “Il nipote di Rameau”.
L’opera è scritta in forma di dialogo ed è una conversazione che si svolge per mezz’ora (unità di tempo, di luogo, di azione). Rameau intrattiene il filosofo raccontando senza pudore la propria immoralità. Parente del celebre Jean-Philippe Rameau, il Nipote è un musicista fallito, adulatore di professione, miserabile di talento, uno scroccone che sopravvive facendo il buffone di corte nei salotti della borghesia parigina. Agli occhi del filosofo, quest’individuo spregevole appare come un misto di delirio e di buonsenso, di abiezione e di onestà. E proprio per questa sua contraddittorietà, Rameau sconcerta e affascina Diderot, il quale constata stupefatto e a tratti inorridito come sia possibile che una stessa persona sia dotata della più profonda sensibilità estetica e del tutto sprovvista del sentimento morale. Jean-François Rameau è in fondo la cattiva coscienza della società parigina di metà Settecento; è colui che ha il coraggio (la spudoratezza) di confessare ciò che tutti pensano, e di fare per mestiere, come satiro e pantomimo, ciò che tutti fanno nella loro vita: l’adulatore.