Arezzo – Una valanga di visitatori per la Giornata Fai -
Bed and breakfast Francesco Redi informa che nello scorso fine settimana, con la complicità del bel tempo, un inatteso numero di visitatori si è presentato in tutti i luoghi indicati nel percorso promosso dal Fondo Ambiente Italiano. Circa seimila persone si sono avventurate tra le bellezze del Palazzo della Fraternita, si sono fatte incantare dallo splendido mosaico romano di Palazzo Lombardi e dalla quadreria rinascimentale del palazzo Thevenin. E poi Palazzo Apolloni e Palazzo Alberti, sede di porta Crucifera. I luoghi aperti dal Fai si potevano visitare gratuitamente e in tanti sono accorsi tanto da creare code alle entrate, a Via Sassoverde come a Palazzo Thevenin o a Palazzo Alberti e le persone collocate agl’ingressi, hanno avuto un bel daffare a regolare il flusso dei visitatori. Pare che le guide fossero afone tanto è stato il lavoro per loro ed anche gli studenti coinvolti in veste di “apprendisti ciceroni” hanno cercato di contribuire al meglio.
Riportiamo integralmente l’articolo pubblicato, a proposito dell’evento, su “La Nazione” di Martedì 29 Marzo firmato Alberto Pierini:
“Ricordate gli eroi di Zavattini? In Miracolo a Milano si accalcavano, ballando per il freddo, sotto l’unico raggio di sole, tra le baracche neorealiste di una città allora più indigesta che da bere. - Ci basta una capanna per vivere e morir - cantavano. L’avevano e si accontentavano, con la carica di ottimismo che nel dopoguerra filtrava qualunque disgrazia, stemperava qualunque contrasto sociale. Anche qui domenica la gente si accalcava: sotto una nuvola di Fantozzi. No, era davvero un altro film. Titolo? La giornata del Fai. Si accalcava per incunearsi al Thevenin, per sbirciare tra i segreti di Sant’Agnese, per mettere il naso a Palazzo Alberti. Lui, anzi lei: la sede di Porta Crucifera, che forse neanche per le lance d’oro aveva mai avuto tanti fans. Né per la sparizione delle porchette vinte alla Provaccia. Non c’era niente da mangiare o al massimo appena uno spuntino. Eppure erano tutti in coda per mettere il naso nel Palazzo di Fraternita. L’armadio di Piazza Grande, svuotato degli scheletri di una città che da troppi anni lo lascia interamente sbarrato, stupidamente vuoto. Ma ora ha cominciato a riempirlo di quadri e tele. Liletta Fornasari primo rettore con il vizietto dell’arte, pare dia del tu non solo ai colori ma anche alle cornici e ai tarli che ci abitano dentro. E così domenica c’era anche lei ad aspettare la gente per raccontarli: un pò come se Napolitano ti aspettasse al Quirinale per farti visitare le scuderie. Un pò come se il Miracolo di Milano si ripetesse ad Arezzo.
Le nuvole sono rimaste nuvole. di raggi di sole neanche l’ombra: ma la gente ha risposto. Ha strozzato il pisolino della domenica, si è vestita, ha urlato ai figli di fare presto, forse ha persino lasciato tovaglia e piatti sul tavolo. Per non fare tardi. Ad una sagra? No, ad una mostra. Una città in mostra. Una mostra fatta in casa: i nostri gioielli, i nostri ambienti, le nostre chiese. Nostri ma sconosciuti, perché le porte sono sempre chiuse e la chiave ce l’hanno in pochi. La chiave di un museo. E la chiave di una passione a sorpresa: chi dice che il panorama aretino si fermi alla porchetta o al rettangolo del televisore? No, la gente è curiosa, ama la sua città, vorrebbe scoprirla. E scoprirla con la famiglia, prima che i figli crescano e non si vestano più al tuo comando della domenica. La gente legge e va volentieri al di là del libro: per conoscere gli scrittori, dalle serate di successo organizzate dal comune come da Giulia Ambrosio e da Federico Batini, al botto di pubblico per quelle di Roberto Fiorini. Ama il Teatro e si contende i posti del piccolo Pietro Aretino. Ama il cinema ed affolla l’Eden a ogni serata d’essai, fino a sedersi in terra per gustare pellicole sottotitolate di 30 anni fa. Ama la musica e a Settembre si sfiorò la rissa per un posto al Polifonico. Ama il rock e si vede, da Arezzo Wave al Play. Un’altra Arezzo? No, quella solita. Concreta e a volte coatta in superficie. Profonda e curiosa sotto il pelo dell’acqua. Capace di mettersi in coda per la porchetta come per un quadro. O di accalcarsi sotto una nuvola.” (Alberto Pierini)